Interventi di stabilizzazione dei pendii mediante ancoraggi flottanti di tipo passivo

Tra le problematiche recentemente più diffuse nel territorio italiano, si riscontra l’attivazione di movimenti franosi, di piccola e di grande entità. Si stima che vi siano quasi 500mila movimenti franosi attualmente attivi lungo la penisola; pertanto sono state sviluppate nuove tecnologie finalizzate all’intervento tempestivo e al contenimento dei costi.

Come si interviene su un pendio instabile?

La stabilizzazione di un pendio instabile può avvenire in due modi:

  • Riducendo le forze destabilizzanti;
  • Aumentando le forze resistenti.

Quest’ultima tipologia di intervento si può ulteriormente suddividere in:

  • Aumento dello stato di sforzo, ad esempio tramite la diminuzione delle pressioni interstiziali con opportuni interventi di drenaggio (trincee drenanti o gallerie di scolo delle acque in eccesso);
  • Incremento della resistenza del materiale, ad esempio mediante iniezione di addensanti;
  • Eliminazione del problema attraverso opere di sostegno, come muri o paratie;
  • Introduzione di forze esterne in grado di sostenere il terreno instabile, ad esempio tramite l’applicazione di tiranti di ancoraggio o palificate.

In quest’ultima metodologia rientrano gli ancoraggi flottanti di tipo passivo. Tale tecnologia è stata sviluppata recentemente ed è pensata come “rinforzo passivo diffuso”, in grado di assorbire gli sforzi tangenziali che si sviluppano lungo la superficie di scorrimento della frana. In questi interventi le barre vengono cementate al terreno per tutta la loro lunghezza e lavorano in modo passivo, ovvero non subiscono una forza di pre-sollecitamento prima dell’installazione.

Come si installano gli ancoraggi flottanti di tipo passivo?

Gli elementi di cui è composto il sistema sono due: la piastra esterna, visibile in superficie, e l’ancoraggio passivo, costituito da barre auto-perforanti. L’aspetto performante di questa tecnologia consiste nel duplice ruolo della barra in acciaio durante la fase iniziale; infatti essa funge sia da armatura del chiodo sia da elemento perforante (grazie ad una punta a perdere in testa, infissa per rotopercussione), rendendo l’installazione facile e rapida.

Successivamente, la malta cementizia viene iniettata con densità crescente attraverso fori situati sulla punta, permettendo il completo ricoprimento della barra e assicurandone un’opportuna protezione. Infine, la barra viene congiunta alla parete esterna o alla struttura con un dado e una piastra di bloccaggio.

Quali vantaggi fornisce questa tecnologia di stabilizzazione?

Questa tecnologia presenta alcuni aspetti che la rendono una delle più interessanti novità nel settore, come, ad esempio, la possibilità di poter essere inserita in terreni di qualsiasi morfologia, grazie all’utilizzo di macchinari di dimensioni ridotte. Inoltre l’esecuzione dell’intervento è molto rapida, dal momento che le fasi di perforazione, installazione e cementazione avvengono contemporaneamente. In questo modo i due elementi svolgono compiti separati: l’ancoraggio passivo migliora la resistenza globale profonda dell’ammasso di terreno instabile, mentre la piastra flottante ripartisce l’effetto all’esterno contribuendo alla stabilità superficiale del versante.

Dal momento che le metodologie precedentemente impiegate presentano limiti economici e modalità d’installazione complesse, gli ancoraggi flottanti di tipo passivo si configurano come un avanzamento delle tecniche di ancoraggio e un’alternativa ai tradizionali rinforzi.

 

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